Santa Lucia e le differenti declinazioni del “Vedersi”: la luce dei nostri occhi interiori

Santa Lucia_Vedersi
a cura della Dott.ssa Filomena De Falco

Oggi, 13 dicembre, è il giorno in cui, nella tradizione cattolica, si celebra il culto di Santa Lucia, venerata dai siracusani fin dal giorno della deposizione del suo corpo nelle catacombe che da lei presero il nome.

Una nota citazione associata a questo culto riporta:

«Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto.»

dal Martirologio Romano

Gli psicologi de Il Filo Rosso-Psicologi in Rete hanno preso spunto da questa festività per riflettere sul significato simbolico e metaforico del “Vedersi”, concetto che ha diverse accezioni profonde. In particolare, ne hanno colto le varie sfaccettature dell’intrinseco significato psicologico, ovvero dell’arrivare a vedersi interiormente, con quella luce metaforica dei nostri occhi interiori “che non conosce tramonto”.

Le origini e la leggenda del culto di Santa Lucia

La conoscenza dei culti, delle storie e delle leggende, può spesso aiutarci a cogliere significati profondi associati a dinamiche psicologiche che appartengono alla nostra quotidianità.

La data della celebrazione del culto di Santa Lucia cade il 13 dicembre, giorno in cui ella morì nell’anno 304 d.C. in seguito alle persecuzioni di Diocleziano, divenendo martire. Tale data rappresenta nel simbolismo culturale diffuso una sorta di “Natale in anticipo”. Come riportato nell’Introduzione al romanzo storico  Lucia di René du Mesnil de Maricourt del 1858, «la prima e fondamentale testimonianza sull’esistenza di Lucia ci è data da un’iscrizione greca scoperta nel giugno del 1894 durante gli scavi archeologici del professor Paolo Orsi nella catacomba di San Giovanni, la più importante di Siracusa”.

La leggenda narra che Lucia, originaria di Siracusa, si recò in pellegrinaggio presso il sepolcro di Sant’Agata a pregare per la madre ammalata (Eutichia), insieme a quest’ultima. Arrivate al sepolcro, Lucia si addormentò e in sogno le apparve Sant’Agata. Al suo risveglio trovò la madre guarita e così decise di consacrare la propria esistenza a Cristo: donò tutti i suoi averi in beneficenza e rifiutò il suo promesso sposo, il quale la denunciò come cristiana. Durante il processo, Lucia continuò a sostenere la propria fede e il magistrato la fece portare in un postribolo. Il suo corpo divenne così pesante che era impossibile muoverlo. Si decise, dunque, di condannarla al rogo, ma le fiamme non la toccarono. Fu, dunque, decapitata e, prima di morire, profetizzò la fine di Diocleziano e la pace per la Chiesa.

Santa Lucia è considerata la protettrice della vista e degli occhi. Il suo nome deriva dal latino “lux”, “luce”, e nell’iconografia storica ella è spesso rappresentata con gli occhi in mano o poggiati su un vassoio. Si narra che le furono strappati gli occhi durante il suo martirio.

Le differenti declinazioni del “Vedersi”

Le diverse declinazioni di significato della parola “Vedersi”, tratte dal Vocabolario De Mauro della lingua italiana, ci offrono numerosi spunti di riflessione:

Vedersi:

ve|dér|si

1. vedere la propria immagine. (es: vedersi riflesso in uno specchio; vedersi in fotografia, in un filmato)

2. avere una determinata percezione di se stessi o della propria condizione (es: vedersi brutto, bello; vedersi in pericolo)

3. riconoscersi (es: non mi vedo in questa descrizione, non mi riconosco in questa immagine)

4. incontrarsi, trovarsi (es: ci vediamo alle quattro davanti al cinema, ci vediamo domani)

Tali diverse declinazioni di significato del Vedersi fanno riferimento a differenti dimensioni che implicano la messa in gioco di diversi strumenti, diversi modi di sintonizzazione e l’attivazione di diversi processi interni.

Riprendendo le parole riferite a Santa Lucia, “vedersi” realmente, in modo autentico e profondo, vuol dire mantenere la “lampada accesa” dentro di noi e scoprire quella luce interna che “non conosce tramonto”.

Vi invitiamo a riflettere e ad allenarvi nell’ accendere questa luce interna sul vedervi realmente, dal profondo, cogliendo tutte le dimensioni che si attivano in modo da potervi condurre ad avere, rispetto a voi stessi, una maggiore consapevolezza del vostro mondo interiore.

La prima dimensione del vedersi (“vedere la propria immagine”) implica l’utilizzo del senso della vista, per es. vedere la propria immagine riflessa in uno specchio, in una fotografia. Tale dimensione ci chiede di attivare i nostri sensi fisiologici ricettivi e veicola il significato profondo del vederci davvero per come siamo e ci consente di interrogarci su quanto ciò che vediamo corrisponda alla realtà oggettiva: vedo la mia immagine per come davvero è in realtà o non riesco a sganciarmi dalla percezione soggettiva che ho della mia immagine?

Per esempio: nella realtà sono una persona magra, nel vedermi riflessa allo specchio vedo di essere magra o mi percepisco in modo soggettivo come in carne? Questo esercizio di riconoscimento tra l’immagine percepita e quella reale, fatto attraverso gli occhi e la percezione visiva, vi consentirà di allenare la reale consapevolezza che avete della vostra immagine.

La seconda dimensione del vedersi (“avere una determinata percezione di sé stessi o della propria condizione”) può sembrare simile alla precedente ma in realtà ha una connotazione diversa. Essa fa riferimento all’avere una determinata percezione di sé stessi o della propria condizione. In tale dimensione entra sì in gioco la nostra soggettività percettiva, ma qualcosa di più della semplice percezione di noi attraverso la vista. Piuttosto è il modo in cui noi percepiamo la nostra immagine o la nostra condizione attivando in noi una dimensione percettiva di attribuzione di significato: per es. possiamo percepirci brutti, belli, proiettando sulla nostra immagine o condizione interpretazioni personali, atteggiamenti ipercritici oppure giudicanti, determinati pensieri o emozioni oppure, guardandoci, possiamo percepirci in una condizione di miseria, sconforto, svantaggio e la nostra condizione esistenziale può non essere realmente così in quel momento. Fare questo esercizio nella percezione di sé ci aiuta a capire cosa proiettiamo sulla nostra immagine o condizione e, di conseguenza, a divenire consapevoli dell’importanza di avere su di noi e sulla nostra vita uno sguardo scevro da pregiudizi, interpretazioni o condizionamenti, sia interni sia esterni.

La terza dimensione del vedersi (“riconoscersi”) fa riferimento al riconoscere sé stesso rispetto a una descrizione, fatta da noi di noi stessi o da altri, o rispetto al riconoscersi guardando la propria immagine (ritratta in una foto o riflessa in uno specchio). Ci si può ri-conoscere solo se ci si conosce realmente dunque per prima cosa dobbiamo chiederci “chi sono?”, “quali sono le mie caratteristiche di personalità?”, “come mi descrivo come persona?”, “cosa mi piace fare?” e altre domande che ci consentono di interrogarci sulla nostra identità, su ciò che siamo oggi, grazie alle nostre caratteristiche innate e grazie a quelle acquisite nelle esperienze e negli ambienti di vita. Questo esercizio ci aiuta a interrogarci, non solo su chi siamo, ma anche sul livello di felicità, serenità o soddisfazione raggiunti nella nostra vita. Per es. “mi riconosco appieno nelle mie scelte di vita?”, “sto realmente facendo nella mia vita ciò che mi piace?”, “mi riconosco in chi realmente sono oggi?”. Questo ci aiuterà a fare crescere la consapevolezza sulla nostra identità, sul nostro essere, e a direzionare la nostra vita verso ciò che ci consente di ri-conoscerci appieno e stare bene perché se facciamo ciò che ci piace siamo felici e se ci piace ciò che facciamo siamo liberi.

La quarta, e ultima, dimensione del vedersi (“incontrarsi, trovarsi”) ci consente di riflettere sulla dimensione del vedersi nelle relazioni interpersonali (familiari, amicali, sentimentali, sociali, lavorative, ecc). Se riesco a vedermi realmente, per quello che sono, a conoscermi e a ri-conoscermi, posso anche vedere realmente me con gli altri e vedere realmente gli altri. Per es. nelle frasi “ci vediamo alle quattro davanti al cinema” o “ci vediamo domani alle sei” io delineo chiari confini spazio temporali, definendo un luogo e un’ora precisi, in cui “mi vedrò” insieme all’altro e “vedrò realmente l’altro”. In questa vita frenetica quante volte ci capita di dover definire con anticipo un appuntamento, per es. con un amico, definendone luogo e ora, perché magari quell’amico ha impegni di vita o lavorativi diversi dai nostri per poterci venire incontro? La definizione di quell’appuntamento pianificato ci dice quanto sia importante per noi ritagliare uno spazio per vederci con l’altro e vedere l’altro.

Questo esercizio ci aiuterà a riflettere e a divenire consapevoli di quanto ci impegniamo per trovare quel tempo che scegliamo di dedicare all’altro per vederlo realmente e sui significati dei luoghi che scegliamo, per venirci incontro, incontrarci e finalmente vederci.

Oggi vi lasciamo con questi spunti di riflessione e vi invitiamo ad attivare non solo i vostri occhi esterni ma anche quelli interni poiché non possiamo realmente vedere il mondo se prima non vediamo nel profondo noi stessi.

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